Le mani
Le mani di Dio e del primo uomo si incontrano in questa celeberrima "Creazione di Adamo" di Michelangelo, di cui ho scelto un dettaglio: le mani vicinissime l'una all'altra, le cui dita tuttavia non arrivano a sfiorarsi.
Il resto del quadro ha a che fare col rapporto tra Dio e l'uomo, dove, dicono quelli che se ne intendono, l'uomo è il figlio che attende un dono che gli spetta: si capirebbe dagli sguardi, dicono sempre quelli che se ne intendono.
Io non me ne intendo affatto, ma sono le mani, quelle che si avvicinano quasi fino a toccarsi... e che mi "toccano".
Che l'uno sia Dio e l'altro sia solo un uomo, che la mano dell'uno appaia forte e autoritaria laddove quella dell'altro è molle e "senza nervi", resta il fatto che le loro mani sono vicinissime... e basterebbe solo un istante per sfiorarsi. Solo un piccolo istante in cui le leggi della fisica (o della metafisica?) se ne andassero rispettosamente a puttane per rendere possibile l'impossibile.
Dalle mani trasmettiamo il nostro calore, che questo vada a finire sulle guance di qualcun altro, attorno alla sua schiena, lungo tutto il suo corpo... o solo sulle sue mani.
C'è, in due mani che si sfiorano, e ancor più nelle dita che si allungano verso altre dita, una sottile, indescrivibile magia. C'è la vita che si protende verso un'altra vita, allungando il collo per annusarla e farsene annusare, pur col pudore di chi allunga solo le più nude ed esposte estremità, quelle apparentemente più innocue, ma grazie alle quali sentiamo ciò che nessun altro dei nostri sensi potrà mai sentire: il calore, appunto.
Poco importa che con le mani facciamo anche tante altre cose, alcune delle quali non proprio così nobili, come ad esempio sbucciare le cipolle.
